Un’area archeologica non solo di
grande suggestione per il contesto naturale, ma anche di
grande importanza nella storia degli studi dell’arte camuna. La segnalazione dei massi, infatti, avvenuta
nel 1909 ad opera del giovane geografo Gualtiero Laeng, costituisce
la prima menzione di incisioni rupestri nella Valle Camonica.
L’area dei due massi, precipitati dalla parete retro¬stante all’inizio dell'Olocene, risulta già frequentata nel Mesolitico Antico (circa IX millennio a.C.) e nel Neolitico Recente (IV millennio a.C.), ma è
trasformata in un vero e proprio santuario megalitico nell’età del Rame, quando i due massi furono incisi e la zona antistante venne circoscritta da tre solchi di aratura e
arricchita da molte altre stele.
Nell’età del Bronzo fu costruito un grande muro, largo alla base 2,50 metri, che circoscrive lo spazio sacro, che viene ristrutturato anche nell’età del Ferro (V/IV-II/I sec. a.C).
Il santuario perdura in età romana e viene
definitivamente disattivato con l’avvento del Cristianesimo: le stele sono abbattute e in parte buttate in grandi fosse.
Sul Masso 2, oltre alle
raffigurazioni di animali (stambecchi, cerbiatte e canidi in cui si riconoscono branchi di lupi ed un cane raffigurato con la coda all'insù), si riconoscono
armi (un’ascia, un’alabarda e numerosi pugnali)
e figure umane stilizzate. Si possono ammirare
due celebri raffigurazioni legate alle innovazioni tecnologiche del III millennio a.C.: un carro a quattro ruote piene ed un aratro. Sul Masso 1 sono incise
oltre centocinquanta raffigurazioni comprendenti animali (cervi dalle grandi corna ramificate, cerbiatte, camosci con corte corna ad uncino, stambecchi, cinghiali o maiali, canidi e bovidi), pugnali ed una scena di aratura.
Le oltre 20 stele e gli altri materiali, rinvenuti nel corso delle recenti indagini,
troveranno collocazione nel Museo Nazionale della Preistoria della Valle Camonica a Villa Agostani a Capo di Ponte.