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MITI e LEGGENDE della ValleCamonica

LA LEGGENDA DELLA CULLA

Racconta la leggenda che un tempo il Lago Moro (da qui lac de la cuna) non esisteva, al suo posto vi era una piccola radura con due sole case. In entrambe abitava una madre con il figlio appena nato, la prima madre era ricca ma avida la seconda era povera ma generosa. Un giorno passò di lì un viandante stanco ed affamato che bussò dapprima alla casa della madre avida chiedendo aiuto e cibo, questa rifiutò e lo scacciò in malo modo, bussò allora alla seconda casa, la donna pur essendo povera gli diede acqua e cibo e fu gentile con lui. L'uomo prima di andarsene disse alla donna di fuggire perché la maledizione di Dio si sarebbe scatenata di lì a poco. Infatti un diluvio distrusse le case e allagò la radura creando appunto il lago Moro... nelle notti di luna piena in mezzo al lago appare una culla vuota illuminata dalla luna e stando in silenzio si può udire il pianto di un neonato... 

L'ECCIDIO DI LOZIO

Leggenda o realtà?
Nel 1410 la famiglia Federici decise di sterminare la famiglia Nobili di Baroncino II e porre così fine agli screzi che da tempo li vedevano protagonisti. Poiché il castello di Lozio della famiglia Nobili era situato in una posizione strategicamente inattaccabile a strapiombo sulla valle i Federici dovevano coglierli di sorpresa, scelsero di portare a termine la loro missione la notte Santa del 25 dicembre 1410 quando, per festeggiare il Natale, tutta la famiglia guelfa dei Nobili si sarebbe trovata a Villa, fuori dalle mura del castello e senza la protezione impenetrabile della rocca.  
Giovanni Federici di Erbanno salendo da sud ed il fratello Gerardo, da Mù, scendendo da nord fecero deviare il corso del rivo Lanico provocando così l'inondazione del paese. Il freddo della notte d'inverno fece ghiacciare le strade rendendo difficile la fuga ai Nobili impreparati anche per il fatto che mai si sarebbero aspettati un attacco proprio la notte di Natale.
L'attacco, non lasciò scampo a nessun membro della famiglia Nobili presenti e il castello passò così in mano alla famiglia Ghibellina dei Federici che lo tennero fino al 1428 quando fu restituito ai Nobili. 

LA ROCCIA DEI PE' DE CAVRA

In una baita sopra Saviore viveva un montanaro, una persona schiva, che evitava ogni contatto con la gente per via del suo carattere scontroso. Non scendeva mai in paese, nemmeno per andare a messa. Tutti lo temevano, perché il suo volto barbuto, quasi satiresco, ricordava il diavolo in persona. Quando perdeva la pazienza, tirava in ballo tutte le saracche conosciute e tutti i Santi del paradiso, percuotendo con un grosso bastone i poveri animali che avevano la sfortuna di stargli accanto. Un giorno d’autunno, mentre scendeva in paese con le mucche, il suo cane lo fece inciampare. La sua ira raggiunse il limite: cominciò ad imprecare ed a sferrare calci, finché disse “Almeno ci fosse qui il diavolo, batterei anche lui!”. Appena detto ciò, gli comparve davanti un essere orribile avvolto in un fumo che gli usciva dalle corna: gli occhi di brace, lingue di fuoco che saettavano dalla sua bocca, il corpo umano ed i piedi di capra. Il montanaro mise le gambe in spalla e corse giù, al Plot dela Campana, poi fino alla chiesa, dove chiese perdono al Signore per il suo comportamento. A stento riuscì a riprendere il sentimento ed a raccontare quanto era accaduto: dapprima nessuno gli credette, ma quando tornarono a recuperare la mandria, videro che su una roccia il diavolo aveva lasciato le impronte dei suoi piedi. Da allora, sulla strada che porta in Casintìa, appena sopra il Plot, la roccia dei Pé de cavra porta ancora i segni del suo diabolico visitatore.

LE MANI SANTE DI CAPO DI PONTE

Narra una leggenda che tanti e tanti anni fa il paese di Capo di Ponte, minacciato da una terribile alluvione, venne salvato da due donne.
A quei tempi vivevano, infatti, in penitenza in una grotta poco distante dal centro abitato, le sante Faustina e Liberata.
Quando l'enorme onda stava per travolgere due massi posti proprio sopra il paese, le sante uscirono dal loro rifugio e, ponendo le loro sante mani sulla roccia, fermarono i massi, impedendo che distruggessero le case. 
Ancor oggi vicino alla chiesa, nella cappella dedicata alle sante Faustina e Liberata, si possono vedere i due macigni che recano impronte di mani femminili, tuttora assai venerate.